Ryszard Zub e I suoi doni

a cura di Giancarlo Toràn

In un periodo di magra per la nostra scherma, e per la sciabola in particolare, la Fis aveva tentato di rivitalizzare il settore chiamando maestri dell’Est: ricordo tra tutti Bela Balog e Janos Kevey, quest’ultimo maestro della squadra di sciabola di cui Ryszard Zub faceva parte. Avevano portato in Italia l’idea di un maggior dinamismo, e quindi della necessità di una preparazione fisica accurata, che da noi stentava a decollare. Zub se ne fece continuatore ed interprete, tanto che facciamo discendere da lui l’ormai diffuso termine “gambe-scherma”, patrimonio credo di tutte le sale. Ebbe una brillantissima carriera, prima come atleta, poi come Maestro. Arrivato in Italia per allenare gli atleti del Petrarca Padova, fu presto ingaggiato dalla Fis per la nazionale, e il suo apporto fu considerato determinante per la conquista della medaglia d’oro della squadra di sciabola, nel 1972 a Monaco, e poi a Los Angeles, nel 1984, nella squadra in cui si misero in luce due dei suoi migliori allievi: Marco Marin e Gianfranco Dalla Barba.

Ebbe in seguito altri importanti incarichi: fu Commissario Tecnico delle squadre nazionali per tutte le armi nel quadriennio dal ’93 al ’97, e per la sciabola, maschile e femminile, nel quadriennio successivo. Nello stesso periodo fu nominato responsabile del settore magistrale e ricerca scientifica della Fis.

Ma eccomi al motivo di questa tardiva rievocazione. Ryszard Zub non è più tra noi da ormai nove anni: si è spento all’inizio del 2015, e un paio di anni fa si è spenta anche sua moglie Barbara, che ha continuato ad abitare nella casa di via Buzzaccarini, in Padova, senza nulla toccare di libri e memorie del marito. Il figlio, Artur, ha deciso di vendere la casa a Carmen Di Pumpo e al marito Carmine Trinetta, che per un quinquennio è stato collaboratore della Comini, come tecnico delle armi. Nessuno dei tre aveva però la possibilità di ritirare e conservare le memorie schermistiche di Zub, che rischiavano di finire tristemente al macero. Distribuite poche cose a conoscenti ed ex allievi, a qualcuno è venuto in mente che il Museo dell’Agorà, della Pro Patria di Busto Arsizio, potesse essere la sede più degna ed adatta a conservare queste memorie, ed entrambi, Artur e Carmine, si sono detti favorevoli a questa soluzione.

Sono andato quindi a ritirare quanto ancora disponibile, con il rammarico di non poter conservare proprio tutto: ho selezionato e conservato soprattutto i libri, fra cui spiccano, per interesse, quelli tecnici sulla scherma sportiva, e anche storica, in polacco e russo. E poi diplomi e attestati da cui risultano con tutta evidenza il rilievo e la considerazione di cui Zub godeva un po’ in tutto il mondo.

 

Lo spazio che gli dedicheremo, nei futuri allestimenti e, spero, ampliamenti del museo, servirà a tener viva la sua memoria, perché sappiamo che il tempo tende a far scomparire in fretta tracce anche importanti della storia della scherma.

Giancarlo Toràn

articoli correlati